Away league match played on 20 April 2016.
Kicked off at 8:45 PM

20 aprile 2016 - Campionato di Serie A - XXXIV giornata - inizio ore 20.45

JUVENTUS: Buffon, Rugani, Bonucci, Barzagli, Lichtsteiner, Khedira (70' Sturaro), Hernanes, Pogba (82' Asamoah), Alex Sandro, Mandzukic, Dybala (75' Zaza). A disposizione: Moedim, Audero, Cuadrado, Lemina, Padoin, Evra. Allenatore: Allegri.

LAZIO: Marchetti, Patric, Hoedt, Gentiletti, Lulic, Parolo (46' Milinkovic), Biglia (77' Cataldi), Onazi, Felipe Anderson (53' Basta), Djordjevic, Keita. A disposizione: Berisha, Guerrieri, Braafheid, Morrison, Mauricio, Rossi, Palombi). Allenatore: S. Inzaghi.

Arbitro: Sig. Mazzoleni (Bergamo) - Assistenti Sigg. De Luca e Crispo - Quarto uomo Sig. Galloni - Assistenti di porta Sigg. Rocchi e Chiffi.

Marcatori: 39' Mandzukic, 52' Dybala (rig), 64' Dybala.

Note: espulso al 48' Patric per doppia ammonizione. Ammoniti Lulic e Sturaro per gioco scorretto. Angoli: 10-1. Recuperi: 0' p.t., 0' s.t.

Spettatori: 14.565 paganti per un incasso di Euro 731.885,00. Abbonati 24.090 per una quota partita di Euro 990.449,00.

La Gazzetta dello Sport titola: "Signora ci siamo. Mandzukic piega la Lazio poi si apre il Dybala show. E la Juve prepara la festa. Il concerto bianconero annichilisce la Lazio, che arrivava da due successi e riesce a entrare in area solo quattro volte: un dominio assoluto".

Continua la "rosea": Nel variopinto teatro della Serie A, la Juventus suona una musica che nessun altro è capace di fare. Questa è la cruda verità. Una musica magari non sempre celestiale, ma bella, potente, continua, ipnotizzante. Allegri, direttore d'orchestra eccellente che la Juve fa più che bene a tenersi stretto, dice che non è vero che questo teatro italiano non sia allenante per loro. In effetti lo è, ma per provare nuovi spartiti, non certo per rischiare fischi e fiaschi. Nemmeno la Lazio rinata, reduce da due vittorie condite da cinque gol segnati e nessuno subito, ha potuto far nulla. Nemmeno il suo allenatore, un tempo castigatore e talismano della Lazio quando giocava contro i bianconeri. Così lo scudetto si avvicina a grandi passi, nonostante la reazione del Napoli. Uno scudetto segnato da grandi numeri e interpreti eccellenti. La Juve si è presa 70 punti dei 72 a disposizione nelle ultime 24 giornate. Sconfortante, per gli altri. Gli ultimi 3 sono arrivati da gol di autori che sono i due volti del concerto offensivo: Manduzkic, il lato cattivo e indomabile, e Dybala, il lato pulito e spettacolare. Guarda caso, i due che hanno steso la Lazio in Supercoppa in avvio di stagione. Dybala a soli 22 anni ha toccato quota 20 gol alla prima stagione in una grande squadra. Se vogliamo fare un paragone, il primo Tevez - arrivato molto più scafato di lui - ne segnò 21. Paulo il caldo può superarlo.

Come spesso è capitato con la Juventus di ritorno (nel senso del girone), non c'è stata partita. Un assolo senza interferenze. Ha cominciato da subito a intonare la sua melodia. All'inizio con calma, salendo di qualità e ritmo con una cadenza impressionante. Ha creato almeno 5 occasioni da gol nel primo round e solo la buona vena di Marchetti ha contenuto il gap. Con una vera prodezza, all'alba della sfida ha fermato di piede Dybala che ha tirato da un metro. Poi si è ripetuto con Pogba e lo stesso Dybala. La Lazio? Non pervenuta. Una Lazio messa non malissimo in campo, dalla vocazione offensiva, che forse lasciava qualche metro di troppo ai bianconeri per le manovre, ma nemmeno riusciva a pungere. Perché è questo il vero punto di forza della Juve: l'incredibile solidità difensiva raggiunta negli ultimi mesi. Con due satanassi come Felipe Anderson e Keita che potrebbero ben figurare nei cento metri, non hanno subito nemmeno un brivido nelle ripartenze. E gran parte del merito in questo caso va anche a Alex Sandro e Lichtsteiner, davvero efficaci in offesa ma capaci di chiudere sempre le diagonali difensive. Così, quando Mandzukic al tramonto del primo round sul tiro cross in scivolata di Pogba ha bucato Marchetti, è apparso chiaro che era arrivato anche il tramonto della partita. Difatti appena rientrati dagli spogliatoi, uno sciagurato Patric stendeva Bonucci in area. Secondo giallo e rigore firmato Dybala. Che poi concedeva il bis in una grande azione di ripartenza lanciata da Mandzukic per Khedira che ha sparato il suo sbarco in area per servirlo.

Tre a zero, Lazio in 10, Buffon mai impegnato. Il resto è stata attesa del fischio finale con qualche acuto bianconero qui e là. La Juve ha perso quattro partite in questo campionato. In altri tempi, vero. Ma in in queste partite "brillava" l'assenza di Marchisio. Adesso, l'inossidabile solidità bianconera può fare serenamente a meno del suo Principino. Nell'orchestra di Allegri anche l'ex di turno Hernanes ha fatto in pieno il suo dovere. Per tacere di Khedira che se avesse ancora il fisico di un tempo, sarebbe un giocatore eccezionale. Con questi due in palla, Pogba ha potuto dedicarsi ai ricami. Allegri comunque è riuscito a coinvolgere e portare a un buon livello tutti i giocatori, giocando con gli spartiti, pardon con i sistemi di gioco. In questo caso il 3-5-2. Inzaghi invece ha insistito, giustamente, con il 4-3-3. Forse le assenze di Candreva e Klose, fatte le dovute proporzioni di qualità tra le due squadre, sono pesate alla Lazio più di quanto siano pesate quelle di Marchisio e Morata alla Juve. Ma è facile pensare che non sarebbe cambiato nulla, che la Lazio non sarebbe riuscita nemmeno ad avvicinarsi alla vittoria che le manca dal dicembre 2003. C'è un altro dato che impressiona: Keita e compagnia sono riusciti a entrare solo quattro volte nell'area avversaria. La musica ipnotica della Juve li ha annichiliti.

Il Corriere dello Sport titola: "Juve al cubo. Dybala in meglio. Mandzukic sblocca, poi si scatena la Joya: suo il rigore e il gol che chiudono i giochi con la Lazio e non solo..."

Prosegue il quotidiano sportivo romano: Troppo forti. Irresistibili. Quasi campioni d'Italia per il quinto anno consecutivo. Mancano quattro punti alla Juve per festeggiare uno scudetto strameritato e testimoniato dai numeri: 23 vittorie in 24 giornate, 14 successi di fila allo Stadium di cui gli ultimi 9 senza prendere gol. Impossibile avvicinarsi a Buffon, ancora meno per questa Lazio e Inzaghi non poteva realizzare un'impresa mai riuscita a Pioli quando in difesa poteva contare su de Vrij. Un conto è fare i fenomeni con Empoli e Palermo, un altro misurarsi a certi livelli. Cambiando allenatore si può riportare entusiasmo, ma non si possono nascondere debolezze oggettive. Tanto per dirne una: dopo cinque anni dovrebbe essere chiaro che Lulic può giocare terzino per modo di dire. Lotito rifletta bene sui difensori portati a Formello. Non ci fosse stato Marchetti tra i pali, la disfatta avrebbe raggiunto proporzioni ancora più umilianti. L'Europa era un miraggio e tale resterà. Il Milan questa sera avrà l'opportunità di allungare, il Sassuolo è sopra di un punto e il Chievo ha raggiunto la Lazio. Allegri viene dal mare e non si fa sorprendere neppure quando il divario è abissale, così all'inizio ha lasciato il pallino in mano alla Lazio. S'è messo dietro e aspettava, non voleva concedere campo a contropiedisti come Felipe e Keita. Temeva gli esterni e la palla lunga prediletta da Inzaghi. Modulo ibrido. Quando impostava la Lazio, la Juve era disposta su un 4-4-2 classico. Barzagli prendeva Keita e Lichtsteiner saliva su Lulic, Alex Sandro marcava Felipe e il tandem Bonucci-Rugani chiudeva Djordjevic. Onazi era dentro la terra di nessuno, perché Pogba si spostava a sinistra, nella zona di Patric, dove andava a prendere palla anche Dybala.

Per dieci minuti la Lazio ha fraseggiato, ma dai quattro difensori e da Biglia non poteva arrivare l'invenzione. Felipe e Keita non erano mai in condizione di affondare, i raddoppi funzionavano. Mancava aria, il solletico poteva provocare a Buffon quel lento girare palla. E' durato dieci minuti. Appena la Juve ha preso confidenza e ha alzato il baricentro, accorciando le distanze, la partita si è aperta, perché i bianconeri ripartivano ad ogni errore di palleggio dei laziali. Insicuro Hoedt, disatroso Lulic, troppo morbido Felipe, ingenuo Patric, impreciso Onazi. Da un buco di Lulic, è nata la prima palla gol di Dybala neutralizzata di piede da Marchetti. Il portiere della Lazio ha replicato su Pogba e altre due volte sul talento argentino. Lo stellone di Inzaghino sembrava reggere, ma era la solita Lazio di tutto il campionato. Con meno buona sorte, Pioli si sarebbe ritrovato sotto di tre gol dopo mezz'ora. Simone ha resistito sino a sei minuti dall'intervallo e la Lazio è caduta su un altro doppio svarione di Lulic. Sul primo pallone perso dal bosniaco, Marchetti ha deviato in angolo il siluro di Dybala. Sul corner Lulic ha bucato l'intervento su Pogba. Il francese si è aiutato con una leggera spinta, ha messo giù palla e ha tirato in diagonale. Troppo facile per Mandzukic, tenuto in gioco da Biglia, mettere in rete a porta vuota.

Inzaghi non aveva Candreva, Klose e Matri. Nell'intervallo ha perso anche Parolo e ha inserito Milinkovic. Il peggio doveva ancora arrivare, perché al terzo minuto Patric (già ammonito) come un bambino ha steso Dybala. Inevitabile il rosso. La frittata stava per essere servita. Punizione di Hernanes toccata da Marchetti. Angolo e trattenuta di Gentiletti su Bonucci. Rigore (tra le proteste laziali) trasformato da Dybala. Sotto di due gol e con un uomo in meno, Inzaghi ha richiamato Felipe e ha inserito Basta per rimettere a posto la difesa. Il trio Milinkovic-Biglia-Parolo dietro a Keita e Djordjevic (4-3-2). Non poteva fare altro. Gli spazi ormai erano giganteschi, la Juve entrava come voleva nella difesa di burro dei biancocelesti. Da un'imbeccata di Mandzukic, è arrivato il sigillo di Dybala, servito da Khedira. Era appena il ventesimo. E buon per la Lazio che i bianconeri si siano fermati o quasi, palleggiando in attesa di uno scudetto storico.

Il Messaggero titola: "Troppa Juve. Lazio a picco. La squadra di Inzaghi resiste 40 minuti poi viene travolta da Mandzukic e Dybala. Per i biancocelesti l'Europa torna lontana per i bianconeri via libera al quinto scudetto".

Prosegue il quotidiano romano: La differenza è imbarazzante. Tra la Lazio e la Juventus ci sono almeno quattro categorie di distanza. I bianconeri vincono dominando in lungo e in largo. I biancocelesti provano ad opporre resistenza ma l'onda d'urto dei campioni d'Italia spazza via ogni cosa. Non è un caso che gli uomini di Allegri siano ad un passo dal quinto scudetto consecutivo e in Italia non conoscano avversari. Con quella di ieri sono 23 le vittorie su 24 gare. Numeri da record. Numeri che fanno diventare piccolo chiunque. E allora ecco che anche la ritrovata Lazio d'Inzaghi fa i conti con la realtà. Le vittorie contro Palermo ed Empoli, ma questo lo si sapeva, non potevano essere un banco di prova reale. Così come forse non lo è stato nemmeno quello di ieri sera. Dal nulla al tutto. E allora la Lazio non è rinata le domeniche precedenti così come non è morta allo Stadium. Prevedibile il risultato. Contava esclusivamente capire in che modo sarebbe maturato. E alla luce di quel che si è visto i biancocelesti devono crescere a dismisura se vogliono solo impensierire questi alieni. La Lazio crolla ancora per la decima volta nelle ultime undici partite fra campionato e Coppe. A proposito, in Supercoppa con i bianconeri era iniziata questa stagione disgraziata, il cerchio si chiude con la fine dei sogni di rimonta biancocelesti. Serve solo il verdetto di questa sera con il Milan a +7, a quattro giornate dal termine. Lazio agganciata a 48 punti dal Chievo e superata dal Sassuolo.

A Inzaghi non riesce il miracolo, Nel primo tempo la cintura di centrocampo tiene botta per un po' allo strapotere della Juventus. Onazi copre e si proprone anche in fase offensiva. Biglia tenta ma al cospetto dei giganti della Juve è un nano. Parolo prova a coprire e attaccare con più scioltezza. Certo che fermare i bianconeri quando avanzano è davvero impresa impossibile. Fortuna che Marchetti sotto la maglia ufficiale ha indossato quella di superman e vola a destra e sinistra per sventare i costanti pericoli creati dai bianconeri. Ne prende tre, ma potevano essere tranquillamente il doppio. Il dispositivo orchestrato da Inzaghi, non potrebbe essere altrimenti, consiste nel chiudere gli spazi rimanendo compatti dietro e provare a giocare di ripartenza. Chiaro che tutto deve funzionare al millimetro perché se ti distrai un secondo, come nel caso di Lulic su Pogba, allora prendi gol. Così come nella ripresa sono ingenui Patric, che si becca il secondo giallo e quindi il rosso per una trattenuta sul funambolo Dybala, e Gentiletti che tira la maglia in area a Bonucci regalando il rigore ai bianconeri. Errori che non puoi permetterti mai, figuriamoci con la Juventus che non guarda in faccia nessuno. E' cannibale si nutre dei suoi stessi successi. I bianconeri volevano mantenere la distanza di 9 punti dal Napoli e così è stato. La Lazio ci ha appena provato ad arginare l'onda bianconera. E trentanove minuti senza subire reti allo Stadium è già un piccolo successo.

Chiaro che lo spartito della gara Inzaghi lo aveva già letto ma sperava in qualche stonatura della Juventus. Niente da fare, Allegri ha diretto la sua orchestra alla perfezione e senza nessun inciampo. Hanno stonato invece i biancocelesti, inadatti a certi livelli. Queste partite allora devono servire per crescere. Agli avanti della Lazio basterebbe un briciolo della cattiveria che hanno i bianconeri. Djordjevic ci prova un po' ma Bonucci se lo porta a spasso per tutto il campo. Keita quando scende qualche piccolo brivido lo fa venire ma alla fine è più fumo che arrosto. E Anderson? Il brasiliano ciondola sulla sinistra sotto l'occhio di Inzaghi che lo richiama a più riprese. E' indolente quando scende e se poi l'unica palla al bacio che serve finisce sul piede moscio del numero 9 serbo allora capisci dove sta la differenza. Al primo vero esame Inzaghi ne prende 3, ma è chiaro che la colpa non sia la sua. C'è bisogno di una rifondazione totale.

Tratte dal Corriere dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

Simone Inzaghi impatta nella prima sconfitta in serie A. Contro i più forti, la Juve capolista e a un passo dallo scudetto. "Il primo tempo è stato equilibrato, la Juve ci ha lasciato il possesso, noi potevamo fare meglio, in alcune occasioni avremmo dovuto avere più personalità. Poi quando rimani in 10 la missione diviene impossibile. Sapevamo che loro ci avrebbero lasciato il possesso, dovevamo stare più attenti. Patric sull'espulsione ha commesso un'ingenuità. Il rigore? Si poteva non dare, ma avremmo perso ugualmente. Abbiamo fatto un primo tempo importante, ora vogliamo continuare a fare bene, sapevamo che contro questa Juve serviva qualcosa di straordinario. Dobbiamo ripartire, mancano 4 partite. Vogliamo crescere, a Genova non sarà semplice. Dovevamo essere più cattivi, loro sono dei marziani in Italia e lo continueranno ad essere. Abbiamo concesso due gol stupidi". Ieri Miro Klose non era allo Juventus Stadium per la sfida tra la Juve e la Lazio: è rimasto in Germania, più che la mano infortunata preoccupa un problema a un gluteo. La tifoseria laziale lo supplica a furor di popolo: "Per favore Miro rimani ancora con noi!". L'invito è una preghiera scritta in italiano, in inglese, in tedesco: "Miro please stay with us! Miro bitte bleiben sie bei uns!". Lo chiedono pregando, lo chiedono per favore i tifosi della Lazio. La preghiera è diventata una petizione. E' stata lanciata due giorni fa sul sito change.org, ha già raccolto circa 1.000 adesioni. E' un moto rivoluzionario, i tifosi non s'arrendono all'idea di perderlo, non accettano il suo addio. "Condividete, postate", è il passaparola sui social, via email, su internet. "Miro, per favore", lo dice tanta gente laziale, lo dice chi sta mettendo la firma per provare a convincere la Lazio e Klose ad andare avanti insieme oltre il contratto in scadenza a giugno, oltre i 38 anni che il Kaiser compirà il 9 giugno. La Lazio forse un pensierino lo farebbe volentieri, ma Klose è ammaliato dalle sirene provenienti dall'America, dalla Major League Soccer. Tutti lo vogliono e qualcuno lo avrà.

In Germania provano a convincerlo a tornare, il Kaiserslautern che l'ha lanciato da giovane spera nel suo sì. La Nazionale tedesca ha provato a riportarlo in campo più volte e gli ha già assicurato un posto da tecnico delle giovanili, la proposta non ha limiti di tempo. Miro vuole continuare a giocare per almeno altri due anni, sino ai 40, poi allenerà. Non si ritirerà a fine stagione, non andrà in pensione. L'America è una suggestione fortissima, lo tenta da vari mesi. I New York Red Bulls si son fatti avanti più volte, dopo il 15 maggio potrebbero annunciare il colpo, è quanto trapela dalla Grande Mela. La petizione è senza precedenti, è stata lanciata con un messaggio a corredo. Eccolo: "Ci sono uomini che vanno oltre i colori, oltre le nazionalità e oltre qualsiasi altro tentativo si faccia per classificarli in qualche cerchia per attribuirsene l'appartenenza, la vicinanza... una sorta di proprietà. Miroslav Klose è uno di questi, un esempio di professionalità, serietà, umiltà e onestà che, nel calcio attuale, dovrebbe essere sotto la protezione di una ipotetica Unesco del calcio. Noi laziali lo sentiamo nostro ed è per questo che gli chiediamo di rimanere ancora con noi, ma un uomo così è un valore per chiunque sia un vero tifoso di qualsiasi squadra di calcio, di chiunque ami lo sport". Miro Klose ha conquistato l'amore dei laziali per il suo modo d'essere uomo e campione. Un campione esemplare, un idolo amato, un uomo-derby indimenticabile, un goleador da sogno, un professionista d'altri tempi, questo è lui. Quel che ha fatto, quel che è stato per la Lazio non basta, può fare tanto altro.

Dalla Gazzetta dello Sport:

Sognava un altro sgambetto alla Juve. Come quelli che le fece da giocatore nel 2000 (e fu scudetto) e nel 2004 (e fu Coppa Italia). Nella sua prima sfida da allenatore ai bianconeri è invece andata male a Simone Inzaghi. Che, dopo due vittorie in due gare, ha dovuto incassare i primi gol e la prima sconfitta. E la Lazio ha perso un'imbattibilità esterna che durava dallo scorso novembre (coppe comprese). Ma contro questa Juve non c'è record che tenga. "Ci abbiamo provato - dice Inzaghi -, per un tempo abbiamo retto abbastanza bene, poi l'espulsione di Patric e il rigore hanno chiuso la gara. Contro questa Juve sarebbe stata dura anche 11 contro 11, figuriamoci in 10". A Inzaghi, però, la Lazio del primo tempo non è dispiaciuta. "Abbiamo avuto più possesso della Juve, le abbiamo concesso qualche occasione, ma quello ci può stare. Avremmo dovuto fare un po' più di attenzione e mostrare maggiore personalità. Poi l'espulsione di Patric e il rigore di Dybala hanno chiuso i giochi". Un rigore che, secondo Inzaghi, poteva anche non essere concesso. "Non mi sembrava così netto. Per come si era messa la gara avremmo perso lo stesso, e ce n'era uno su Parolo nel primo tempo". Nulla da eccepire invece sul rosso a Patric. "E' stato ingenuo, era già ammonito, doveva stare più attento". L'Europa si allontana, ma Inzaghi vuole continuare a crederci: "Mancano quattro partite, facciamo più punti che possiamo e poi vediamo".

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